(1920 – 1976)
BIOGRAFIA
Voltolino Fontani nacque a Livorno l’11 febbraio del 1920. Il padre, che amava la natura, battezza i figli col nome di uccelli palustri: Germano, Voltolino, Frullino; anche Gigliola, la più piccola, avrebbe dovuto chiamarsi Capinera; la Maremma, dove da bambino accompagnava spesso il padre, rimase nel cuore a Voltolino, come testimoniano tante sue “Campagne”. La vita di Fontani, nel quotidiano, non fu segnata da eventi eclatanti: famiglia e lavoro, già dall’età più giovanile, costituirono i suoi punti di riferimento. Molti lo ricordano per la sua arguzia e per il suo saper animare una conversazione, altri per la sua generosità , e anche per la sua irascibilità e l’essere sempre un po’ “sopra le righe”. Gli capitò di frequentare vescovi, sindaci, assessori, persone di potere… ma non si schierò mai con gli uni o con gli altri per ottenere un qualche vantaggio; diplomazia e “savoir faire” gli erano totalmente sconosciuti. Fu nella vita una persona molto semplice e onesta, che ha pagato con scarsi riconoscimenti, anche da parte della sua città , il suo attaccamento a Livorno, città amatissima dalla quale non si è mai allontanato.
Fontani non intraprese studi regolari, ma ebbe numerosi interessi fin da giovanissimo: dalla filosofia alla letteratura, dalla musica alla pittura. Presto imparò a suonare il clarino e fece parte della banda cittadina.
Nel 1936, a sedici anni, iniziò a dipingere sotto la guida del maestro Beppe Guzzi, frequentando una scuola d’arte appena aperta a Livorno.
Questo approccio alla pittura, caldeggiato soprattutto dal fratello Germano, fu graduale e spesso tormentato, perchè Voltolino, da giovanissimo, ambiva soprattutto a diventare un musicista. Il suo maestro Guzzi notò presto il valore dell’allievo, ma Voltolino, nonostante l’impegno che mise nello studio del disegno e della pittura, si sentiva “stretto” in un insegnamento di tipo tradizionale, intuendo presto la sua scarsa predisposizione per una pittura troppo aderente al vero, che lo costringesse in canoni troppo rigidi. Infatti, in un manoscritto di Fontani del 1941, si legge:
“Pensai di dedicarmi alla pittura nel 1936…Fui accettato a quella Scuola d’Arte che era in seno alla Federazione Fascista. L’arte figurativa fu la mia nuova passione. Il mio insegnante […] pittore Beppe Guzzi, era molto contento della mia prima opera. In quel periodo essa era molto obiettiva per forma: i rigorosi rapporti di tonalità lo studio della prospettiva ecc.; certe volte, i quadri che mi dicevano discreti, non potevo vederli; sentivo che in ciò non ero abbastanza ” io pensante”, vedevo più che altro la natura fredda, e allora correvo là nei miei mistici luoghi […] a riposare l’anima mia che tanto diversamente voleva esprimersi.”
Fu il maestro Guzzi, al quale Fontani rimase unito da sincero affetto per tutta la vita, ad introdurlo, alla fine degli anni Trenta, alla Vetreria Italiana “Balzaretti e Modigliani” con la mansione di disegnatore di sagome. Là Fontani operava anche nel reparto delle vetrate artistiche, dove conobbe la famosa Benedetta Cappa: l’artista, moglie del futurista Marinetti, seguiva l’esecuzione di vetrate da lei disegnate, proprio con la consulenza del giovanissimo Voltolino.
Guzzi attivò in quella sede una scuola d’arte di cui fu direttore, la quale fu frequentata da numerosi allievi, tra cui alcuni diventarono noti pittori, altri esponenti di rilievo del mondo politico e culturale. Il periodo che precede la guerra, all’incirca dal ’38 al ’40, è stato raccontato da Fontani in una sorta di suo personale “Zibaldone”, un diario letterario, dove annotò le sue malinconie e i suoi problemi di adolescente, fedelmente riproposti anche nell’ambito pittorico.
In esso Fontani dichiarava la sua tormentata incertezza se dedicarsi alla musica piuttosto che alla pittura, ma di fatto partecipò, fin da allora, a svariate iniziative sulla pittura. Infatti, nel solo 1938 fu presente a tre rassegne: alla mostra d’arte “Vecchia Livorno”, (nella quale esposero anche pittori notissimi come Plinio Nomellini, Natali, Romiti, Tommasi, Filippelli…) con alcuni scorci di Livorno; alla “Mostra del Sindacato Artistico Toscano di Firenze”, nella quale furono notati da giornalisti autorevoli il misticismo e la spiritualità delle opere esposte da Fontani: Ineluttabile e Campagna mistica; alla decima “Mostra Interprovinciale Toscana” di Firenze, con il disegno “In sagrestia”.
I quadri e gli scritti di questo periodo testimoniano l’ampiezza degli interessi di Fontani e una cultura di vasto raggio, tanto più meritoria in quanto autodidatta. II critico Bruno Corà ha di recente apprezzato i suoi “interessi e conoscenze estetiche di respiro europeo, sia dal punto di vista teorico (ne sono testimonianza i suoi “appunti visivi dedicati a Goethe,” come le riflessioni relative al cromatismo e al daltonismo, rilevate nella letteratura di Steiner) sia dal punto di vista della cultura visiva, in anni di drammatica chiusura del nostro paese ad altre realtà estetiche (dal ventennio fascista all’immediato dopoguerra).”
Se sono presenti indubbie suggestioni tra il primo Fontani e le avanguardie nordiche novecentiste, non si può negare che Fontani seppe elaborarle e raggiungere molto precocemente un proprio “stile”, connotato, allora, da espressionismo, spiritualismo, misticismo. Nel giugno del 1939 espose, insieme a Mario Ferretti, nei locali della galleria “Bottega d’arte”. La pittura di Fontani, assai lontana dalla tradizione post-macchiaiola, fu notata dal grande maestro labronico Renato Natali, il quale, nell’introduzione del catalogo della mostra, evidenziò che ” […] Fontani predilige la figura nell’ambito di un’ispirazione essenzialmente biografica” e che nel colore nero raggiunge “un’armonia che ne architetta la composizione riuscendo ad ottenere un risultato personale”.
Nel 1940 Fontani espose, nella stessa galleria, molti grandi quadri di quel periodo. Allo scoppiare della guerra Fontani non lasciò il suo lavoro: a differenza del fratello Germano, che partì per il fronte, svolse a Livorno il servizio militare. La guerra determinò in lui una profonda angoscia esistenziale, come racconta negli scritti Torbido pessimismo o verità (1945), Fanciulle spente (1946), Messaggio da Mathausen (1952), e portò alla nascita dell’Eaismo stesso (Era Atomica ISMO) nel 1948.
Abbandonò la Vetreria nel ’43, dopo il primo bombardamento, per sfollare con la famiglia in varie località della campagna lucchese e pisana.
Prima di tornare a Livorno, una permanenza nella località Galluzzo, presso Firenze, dette a Fontani la possibilità di frequentare, nel 1945, la Scuola di Nudo dell’Accademia di Belle Arti di Firenze.
Tornato a Livorno nel ’46, riprese il lavoro presso la Vetreria, ma non più presso il reparto delle vetrate, distrutto dai bombardamenti e non riattivato.
Fontani partecipò attivamente all’acceso dibattito culturale che si sviluppò a Livorno nel dopoguerra: nel 1945 fu tra i fondatori del G.A.M. (Gruppo Artistico Moderno), con Mario Ferretti, Mario Nigro, Guido Favati e altri; nel 1947, con le proprie capacità e senza alcun guadagno, riuscì a far aprire una scuola d’arte, che battezzò “A. Modigliani”, con il patrocinio dell’ E.N.A.L (la scuola, frequentata da molti futuri pittori di fama, fu attiva fino al 1957). Nel 1948 fondò, con altri, l’Eaismo (Era Atomica ISMO), di cui fu l’ideatore, movimento anteriore alle esperienze nucleari di Salvador Dalì. Nel 1951 Fontani entrò a far parte del Gruppo Labronico, di cui a lungo fu l’anima più progressista. Negli anni Cinquanta ebbe una stretta collaborazione con Bruno Giraldi, presso la cui galleria tenne mostre personali e collettive. Nel 1955 fu membro, con Favati, del comitato esecutivo della prima edizione del “Premio A. Modigliani”, del quale fu uno dei vincitori nel 1958.
Dagli anni Cinquanta agli anni Settanta fu un pittore molto produttivo, che “dialogò” costantemente con il realismo e l’astrattismo, incontrando un grosso favore di pubblico e di critica. Fece parte del gruppo “Gli Ultimi”, verso la fine degli anni Cinquanta, con i compagni dell’avventura eaista Pellegrini e Landi e con altri giovani pittori emergenti. Continuò a scrivere con piacere, preferendo, anche in questo settore,
parlare di pittura: se già nel ’39 aveva recensito una mostra sul ritratto, nel 1954 vinse un premio per una recensione su Fattori; parlò di scuole d’arte, scrisse articoli su maestri labronici e su pittori emergenti. Nel 1966 lasciò la Vetreria Italiana accettando l’incarico di insegnante e direttore della Libera Accademia di Belle Arti “Trossi-Uberti”. E, come già nella sua prima esperienza didattica, Fontani fino al 1976, anno della sua scomparsa, portò avanti con coerenza il suo stile d’insegnamento: i suoi allievi arrivavano alla pittura dopo un serio e scrupoloso apprendistato di disegno dal vero.
Nella sua carriera sono innumerevoli le mostre e i premi acquisiti; furono più di quaranta le personali; molti i contributi critici autorevoli. Sue opere sono presenti in numerose pinacoteche e musei, in Italia e all’estero.
Nel 1996, a venti anni dalla scomparsa, il Comune di Livorno ha intitolato a Voltolino Fontani una
strada. Il Comune, inoltre, nel 2002 ha patrocinato la grande mostra antologica Autoritratti spirituali, realizzata dalle gallerie livornesi Athena e Goldoni.
Nel 2002 è stato istituito per volontà della moglie dell’artista, Maddalena Pinto Fontani e delle figlie Adila e Maria Grazia, il “Comitato per la divulgazione della figura pittorica di Voltolino Fontani”. Quest’associazione si avvale della collaborazione di studiosi dell’artista e di operatori del settore per approfondire la sua figura artistica e diffonderne la conoscenza. Il Comitato, nel 2003, ha realizzato, con il supporto della Fondazione della “Cassa di Risparmi”, la mostra Voltolino Fontani alla Galleria Giraldi. Eaismo, esplosioni nucleari e arti decorative. L’evento espositivo, realizzato nell’attuale Galleria Giraldi, è stata incentrata sul periodo eaista e nucleare di Fontani, periodo durante il quale il grande gallerista Bruno Giraldi sosteneva l’arte d’avanguardia di Fontani e di altri esponenti della pittura più innovativa, in ambito labronico e nazionale.
In occasione del trentesimo anniversario della scomparsa il Comune di Livorno e il Gruppo Labronico hanno patrocinato l’apposizione di una lapide alla casa natale, in Via S.Andrea
Nel 2011 il Comitato ha mutato nome in “Archivio Voltolino Fontani” per sottolineare il proprio impegno nell’archiviazione cartacea ed informatica della vasta produzione del maestro con l’obbiettivo di pubblicare un primo catalogo.
Nel 2018, anno del settantesimo anniversario della fondazione dell’Eaismo, l’archivio Voltolino Fontani, in collaborazione con il Comune di Livorno, ha organizzato, nella Sala degli Specchi presso il Museo Civico Fattori, una giornata di studio e approfondimento del movimento, nel cui ambito è stata focalizzata la figura di Voltolino, ispiratore e strenuo divulgatore dell’Eaismo, insieme a quelle dei co-fondatori Guido Favati, Marcello Landi, Aldo Neri, Angelo Sirio Pellegrini; è stata anche allestita una piccola ma significativa mostra con opere di tutti i firmatari del manifesto. Nella primavera del 2019, nella stessa sede, sono stati presentati gli atti del convegno “Eaismo – Livorno 1948 – Nasce l’arte dell’era atomica”, valido strumento per l’approfondimento di questo movimento artistico, a cura dell’archivio Voltolino Fontani.
Adila Fontani